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    Beni culturali - Abbazia S. StefanoBeni culturali - Abbazia S. Stefano
      

    Un'altra cittadella in una terra dove costruire significava un tempo mostrare a tutti il viso dell'arme. Oggi lo fa solo il custode, quando non gli va a genio il passeggero. L'abbazia castello è infatti, piú che mai, inserita nella vita pubblica, specie nei mesi estivi, quando la spiaggia brulica di bagnanti. Allora vive anch'essa la sua stagione d'oro, come la vive il suo proprietario. Altrimenti starebbe, come tanti monumenti, relegata a scontare chissà quali peccati. Anche il camping, che allunga a sud il movimento turistico, porta linfa vitale alla natura e all'arte.

    Con i Benedettini, dal sec. XII al XIV, l'abbazia fu all'apice della cultura umanistica e artistica. I Cavalieri di Gerusalemme, che vi s'insediarono nel Quattrocento, la trasformarono in un castello chiuso dalla cinta muraria e dal fossato. I privati, che l'acquistarono al tempo di Murat e delle sue leggi antifeudali, ne fecero una masseria.

    Il visitatore trova comunque agevolmente le cose che meritano d'essere viste. Il portale della chiesa romanica lo accoglie al primo ingresso nel cortile. Anzi gli dice di entrare senza timore (em>"Intra, ne dubita..."). Dal cave canem delle ville romane ne è passato di tempo sino ai cani delle masserie. L'abate si chiama Riccardo e viene ricordato come homo mitis. Questo nel 1236. L'abbazia disponeva di rendite terriere cospicue per permettersi di ricostruire e di onorare degnamente la sua chiesa. Se non sono venuti i maestri federiciani a lavorare la pietra, questi del portale di S. Stefano fanno sentire ugualmente la moda classicheggiante in auge nel regno di Federico II. Si osservino i volti degli angeli che spuntano sui capitelli in mezzo alle foglie d'acanto. Nella lunetta vediamo Cristo in trono col Vangelo sulle ginocchia e in atto di benedire, mentre a' piedi si prostrano due mini figure in adorazione, forse l'abate Riccardo e un altro del convento. Ai lati di Cristo, S. Stefano e S. Giorgio, il sacerdote a sinistra, a destra il guerriero. Il tipo di bassorilievo e la scansione delle figure nello spazio vuoto che ha la funzione luminosa del fondo d'oro dei mosaici, ci riportano anch'essi a modelli classici, per es. i sarcofaghi ravennati.

    L'interno aveva un degno riscontro rinascimentale alla cultura romanica ed era il polittico, ora nel Museo di Boston, venuto da Venezia insieme a tante altre tavole dorate, che arricchirono nel Quattrocento le chiese di Monopoli e di Puglia.

    La visita ha un altro punto di riferimento importante ed è la chiesa rupestre, vicinissima a quella romanica, a conferma delle origini comuni di tanti altri monumenti sia all'interno della città di Monopoli che nell'agro. Si scende per mezzo di una scala in quel­la che potrebbe essere la primitiva chiesa benedettina, preesisten­te comunque alla fondazione dell'abbazia, avvenuta nella seconda metà del sec. XI, con l'abside a sinistra appena si entra e un pila­stro al centro dell'intero vano che consente l'apertura di tre archi e con essi l'articolazione interna in spazi e ambienti.


    Fonte:
    Campanelli Giacomo, Monopoli. Guida turistica, Schena editore, Fasano 1989
    Bellifemine Graziano, Il Castello di S. Stefano presso Monopoli: storia ed arte, Schena editore, Fasano 1988





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