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Masseria Caramanna
Gentile lettore,
con queste quattro parole vogliamo dirti benvenuto nel reame delle pietre narranti e darti qualche piccola istruzione per l’uso dell’occhio e dell’orecchio.
Ti avranno certamente detto che, da queste parti, in un momento particolare della sua storia, l’uomo ideò ed edificò quei monumenti al bianco che siamo soliti chiamare masserie.
In verità, le cose sono andate diversamente, come potrà subito dirti l’occhio, non appena gli darai briglia sciolta, perché s’immerga in queste bianche macchie di bianco che, con fare essenziale, rompono il mareverde degli ulivi.
Lo vedi?
È un bianco che non sopporta aggettivi, questo; un bianco che ti spiega come le forme della masseria siano figlie naturali della luce, di questa luce made in Puglia che, dentro un bel giorno mediterraneo, ha concepito quelle forme disegnandole dalla testa ai piedi, a cominciare dalla complessiva sagoma culturale per finire al più piccolo degli spigoli. La pietra, invece, questa pietra donataci dal mare in persona, dura o morbida a seconda dei casi e delle case, ha generato la sostanza, ovvero gli spazi della masseria (camere, camerette, camerini, lamie e lamioni, stalle, scale e scalini, muri e muretti, porte, portoni e portoncini,…) per dare ricovero agli uomini, agli animali e ai frutti della terra, ospitandone, per secoli, pensieri, fatiche e sapori.
Sì, è la stessa pietra che, dovutamente cotta, sciolta e lavorata, ha dato alla luce quella calce e, soprattutto, quel colorcalce dal quale imparammo a dire allattare piuttosto che imbianchire.
A questo punto, cercati la corte (l’ombelico della masseria), fermati nell’osservazione di un qualsiasi elemento, e chiedi pure al tuo orecchio di lasciarsi andare.
Lo senti?
La luce e la pietra si mettono a raccontare, per narrarti storie e memorie di terra e di mare, storie e memorie in cui anche l’uomo fa la sua parte, in costume da massaro o da bracciante, da saraceno o da brigante, da homo faber o da homo sfaber, intento a fare olio vino figli, a difendersi o attaccare, a piangere o festeggiare, a vivere e morire, in piena fusione con la sua masseria: un solenne bastimento di luce e di pietra che naviga controvento e controtempo per approdare fino a noi con un carico enorme di opere e di giorni.
Ascolta, lettore, ascolta: come ti abbiamo già detto, questo è il reame delle pietre narranti.


Lino Angiuli
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